Lightbox Effect

mercoledì 10 novembre 2010

Vedi Laurel e poi...


E 'una Laurel Holloman, appagante e più che mai quella che abbiamo incontrato. Nonostante l'ora tarda in cui era prevista l'intervista, con grande gentilezza e disponibilità ha risposto alle nostre domande. A risposto del suo ruolo di Tina Kennard nella serie lesbo di fama mondiale 'The L Word', ma ha anche accettato di di giocare a 'foto', che la portò a parlare con nostalgia, entusiasmo ed emozione su Proposition 8, l'adozione della figlia, e, naturalmente, sulla sua pittura, dove ci sarà sicuramente la possibilità di vederla presto a Parigi. Un grande ringraziamento a lei per questo bel momento ...




Le bugie di Jeibì

Con “Lie To Me” c’è stata la “prima” italiana di Jennifer. Come tempo fa in Guest Star: Laurel Holloman, vi ho raccontato del debutto della bionda in “Castle”, ieri sera, finalmente si è ho visto anche quello della Beals. Mentirei (tanto per stare in tema), se non ammettessi che ho cominciato a guardare questo telefilm solo perché sapevo che vi avrebbe preso parte, ma devo riconoscere che a prescindere da lei, la serie è interessante. In breve parla di una agenzia “specializzata” nel riconoscere attraverso il linguaggio del corpo, se la persona “indagata”mente o no. Tale agenzia, guidata dal dottor Cal Lightman (Tim Roth), in volta volta si trova a “smascherare” l’improbabile bugiardo di turno. Jennifer come guest, interpreta la parte di Zoe Landau ex moglie di Lightman,  che si rivolge a lui per un caso di incendio doloso. Tra i due esistono ancora dei sentimenti latenti,  lungi da essere risolti, visto anche come è finito l’episodio. La parte che più mi è piaciuta, è stata all’inizio quando miss Beals si presenta in tutta la sua bellezza, togliendosi la maschera che le nasconde il viso. Quando dico che ho difficoltà  “a vederla” nei panni di una etero, e per giunta in una pseudo relazione, sto dicendo la sincera verità,  ribadendo poi i motivi che già in My name is Bette Porter scrissi. Cipz!




domenica 7 novembre 2010

That original journey has not ended

“on a scorching-hot day in Chicago, Jennifer Beals is standing on a bridge that overlooks a river and a dusty boatyard, preparing to film a scene for her new series, Ride-Along. In her role as Teresa Colvin…”Così comincia l’intervista-articolo  a Jennifer Beals sul magazine More. Rare sono le volte che Jennifer parla della sua vita privata, della sua famiglia, ma forse “colpa”del caldo, (l’intervista è stata fatta, quanto pare nei i tre giorni più caldi, l'estate scorsa) o ri-trovarsi a casa, a Chicago, dopo anni vissuti a Vancouver, ritornata per girare la nuova serie poliziesca “The Chicago Code” e che ha tutti i presupposti, per diventare il fiore d’occhiello della Fox per la prossima stagione televisiva. L’articolo si snoda con lei che si racconta quasi a 360° sulla famiglia di adesso, quella con il marito ("We met through a mutual friend") e la loro figlia di 5 anni, e quella di allora con la mamma e il papà morto quando aveva 9 anni. Parla di fede  e del suo personaggio di Teresa Colvin simile a quello più famoso di Bette Porter di LWord dicendo:
Comparing Teresa with The L Word’s Bette, Beals adds, “They’re both incredibly strong; they’re both righteous. Teresa is like Bette on steroids. She’s even more driven, not as tenderhearted.
Parla lei ma parlano anche altri che l’hanno conosciuta, come l’attrice Jodie Foster, vecchia conoscenza dai tempi di Yale, ed una dei primi “acquirenti “di alcune foto fatte da Jennifer allora:"She took photographs. I never believed she was going to be an actress; it didn’t seem to fit her personality. She’s not somebody who needs to dance on a table with a lampshade on her head to get attention."Ne parla l’amica decennale Elisabeth Berkley, anche lei attrice (apparsa nella stagione finale di LWord), affermando che Jennifer è: "She’s aseeker in a beautiful way". Ne parla e sempre ne ha parlato in modo entusiastico, anche la Chaiken, madre e boss di LWord, cui deve molto a Jennifer ed il suo talento, capace di “inventare” Bette Porter, infatti dice: "Jennifer can be very exacting. She’s constantly attuned to whether the words and the ideas are worthy of the character, worthy of her. It’s a lovely thing and a very challenging thing." A proposito di Chaiken e di LWord, molto interessante quando Jennifer racconta la "teoria delle aragoste", facendo riferimento al finale controverso e mal digerito anche da lei, di LWord:
“When you cook a pot of lobsters and they’re all male, you need to put the top on, because if one male gets out, he’ll try to help all the others get out.” She pauses, then adds, “But if you’re cooking  a pot of female lobsters, you don’t have to put the top back on, because if one female starts trying to get out, the others will try to drag her back into the pot. Isn’t that awful?” She hated the  way the plot forced the women to turn on one another. “My point is, we’re not lobsters,” she said. “It would have been nice to end it differently.”
In poche parole, forse si è persa l'occasione di sfatare il mito che le donne non riescano a far "squadra" tra di loro.Altro argomento affrontato è la fede e Dio in genere, e su come la pensa, visto che è cresciuta in una famiglia non religiosa “her mother is a lapsed Catholic”, così lei dice al riguardo:
in some ways they are there; you just don’t see them necessarily. I don’t believe it just ends when somebody dies.
e
“Whether it’s that moment in acting when everything is suspended and you’re not yourself, or breaking through the veil of a very long run or swim, or hearing my daughter laugh— they are all pathways to what I think God must be.”
Chiudo con una delle tante perle di saggezza, cui Jennifer ci ha deliziato nel corso degli anni:
I’ve never lived my life to please someone else, trying to fit in,” she adds, “because that’s just a huge waste of time and causes all sorts of unnecessary anguish.
Ma quanto è vero!

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